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2. Collina di Maia

Un viaggio nel tempo

Passeggiare nella riserva della Collina di Maia significa fare un viaggio nel tempo, se solo si “indossano” gli occhiali adatti. Certo, a prima vista, potrebbe sembrare un bosco come tanti altri, con alberi, arbusti, ruscelli, rocce, radure e promontori. Da questa sommità, ad esempio, osservo, in posizione privilegiata, la natura che ci circonda, ma anche gli effetti delle attività dell’essere umano.

A poca distanza da qui, un po’ più in basso verso nord-ovest si può trovare, nascosta nel bosco la “tana dei pagani”, grotta naturale in cui trovavano rifugio cacciatori preistorici ma che ospitò anche, ad inizio Novecento, Gusto Gräser (1879–1958). Degno di nota e di riflessione sull’attività umana è anche il “santuario” di Arcegno, un insieme di 16 massi cuppellari, in parte scolpiti su pietra ollare, in parte su massi di gneis, dispersi sul territorio attorno alla collina, forse di origine preistorica, ma anche la necropoli romana rinvenuta ai margini del nucleo (a ridosso della chiesa), con reperti (tra cui un anellino con cristogramma) databili tra fine IV e inizio V secolo.

Volgendo lo sguardo a sud-ovest, per contro, vedo la parte alta, in parte di recente colonizzazione, dell’abitato di Arcegno: fino a metà del Novecento, le case erano quasi esclusivamente concentrate nel bel nucleo del villaggio (che sicuramente merita una visita), mentre all’esterno era tutto un fiorire di campi, vigneti, orti e poi, ancora più ai margini, di selve. Oggi non è più così e il verde ha lasciato il posto all’avanzare delle case, delle ville e dei palazzi. È l’uomo che lascia la sua impronta sul territorio e sulla natura.

Mi giro e volgo lo sguardo in direzione opposta, verso il cuore della riserva di Maia, in cui a dominare è il bosco: la mente torna a viaggiare, ad immaginare e a riflettere. Quello che oggi è un bosco lasciato il più possibile alla naturale evoluzione e a cui è affidata una funzione prettamente ricreativa e naturalistica, fino a non molti decenni fa aveva una funzione economica ben diversa, cioè di aiuto al sostentamento della gente che viveva ad Arcegno e Losone. Il bosco di Maia (come tanti altri) era allora fonte primaria e fondamentale per l’alimentazione umane grazie alle selve castanili, di energia dalla raccolta della legna, di ausilio all’economia contadina grazie alla raccolta delle foglie (lo strame), del fieno di bosco, delle ghiande. Tutte attività rigidamente regolate nelle proprietà comuni (patriziali) e gelosamente difese in quelle (minoritarie) private, poiché vitali per il sostentamento della comunità locale.

Sono piccoli spunti, ma ve ne sono molti altri che vi invito a ricercare, che fanno riflettere sulla diversa impronta lasciata dall’essere umano sul territorio, in un lunghissimo viaggio iniziato migliaia di anni fa e di cui noi abbiamo la fortuna di compiere, con rispetto, qualche piccolo passo.

Fausto Fornera, storico

Tana dei pagani

Tana dei pagani

Masso cuppellare

Masso cuppellare